mercoledì 11 novembre 2009

IL MONOTEISMO

IL MONOTEISMO
DIO COME ATTRIBUTO

di Carlo Siracusa

Nelle sacre Scritture, il titolo “Dio”, viene attribuito tanto al Padre, quanto al Figlio; ciò nonostante, questo non indicherebbe che nel Cristianesimo ci siano due Divinità da adorare, altrimenti si tratterebbe di puro politeismo.

Il Cristianesimo è una fede assolutamente ‘monoteista’. Come si spiega, dunque, la presenza di due o più Persone divine, all’interno di una corrente monoteista?

La questione può essere chiarita, comprendendo la sostanziale differenza che ha prodotto l’evoluzione storico-religiosa nel monoteismo, passando dal monoteismo biblico a un monoteismo rigido. Vediamo dove sta la differenza.

Nel monoteismo biblico, l’adorazione è rivolta solo all'Iddio Supremo e Onnipotente. Non esistono altri déi ai quali esprimere adorazione, se non i “falsi déi”, quelli adorati dalle nazioni pagane, e che attirano a sé l’ira dell’Altissimo, il Dio geloso e che esige esclusiva adorazione (Na 1, 2).

Vi sono, tuttavia, altri esseri angelici o umani, definiti “déi” o “dio”, senza che a questi venga rivolta alcuna forma di adorazione; questo perché, nel monoteismo biblico, l’attribuzione del titolo “dio” è legata alla posizione o all’autorità concessa o permessa loro dall’Onnipotente, al fine di compiere il suo volere o fungere da suo rappresentante.

Il monoteismo rigido, è diverso dal monoteismo biblico, in quanto sostiene che, col termine “Dio”, si identifichi solo ed esclusivamente l'Essere Supremo e Onnipotente, l’Unico degno di adorazione, mentre chiunque altro venisse chiamato con questo titolo, sarebbe automaticamente un “falso dio”, in opposizione all’unico e solo vero Dio.

Questo concetto, non trova sostegno nella dottrina dell’antico popolo di Dio (gli Ebrei) né in quella dei primi Cristiani. Anzi, le Scritture mostrano come, il termine “dio”, è riferito sia al Padre che al Figlio, come anche agli angeli e agli uomini. Nella Bibbia, infatti, la parola “dio” può rappresentare l'Iddio Onnipotente, i falsi déi delle nazioni, oppure esseri umani o spirituali ai quali è stata conferita potenza o autorità.

Se possono chiamarsi ‘Déi’ coloro ai quali è rivolta la parola di Dio, tanto più può essere chiamato ‘Dio’ colui che è venuto a trasmetterci tale parola!

A sostegno di questo ragionamento, vorrei citare le stesse parole di Gesù, quando, in risposta ai suoi oppositori, disse: «Non è scritto nella vostra legge: Io ho detto: siete dèi? Se ha detto dèi coloro cui fu rivolta la parola di Dio, e la Scrittura non si può abolire, a colui che il Padre ha santificato e ha mandato nel mondo voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di Dio?». Con queste parole Gesù citava il Salmo, che dice: “Dio si alza nell’assemblea divina, giudica in mezzo agli dèi. …Io ho detto: ‘voi siete dèi, siete tutti figli dell’Altissimo’”.

Come si comprende dalla citazione di Gesù, benché parlasse di ‘dèi’, si riferiva ai giudici di Israele, in qualità di rappresentanti e portavoce di Dio.

Anche quando parlava un profeta, in quel momento era Dio stesso che parlava attraverso lui. Tanto più è lecito definire Gesù col termine ‘Dio’, visto che, dal momento in cui intraprese la sua missione dopo il battesimo, Dio continuò a manifestarsi in lui attraverso miracoli e opere potenti, dimostrando che Gesù era stato mandato da Dio, e che Dio stesso operava in lui attraverso la sua potente energia, lo Spirito santo.

In realtà, secondo il linguaggio biblico, ‘Dio’ non è un nome proprio di persona, ma un titolo, come può esserlo ‘Signore’ o ‘Re’, un sostantivo ebraico (´elohìm) che significa ‘essere forte’, ‘potente’.

La Bibbia attribuisce questo titolo sia a persone umane che spirituali, oltre che al Creatore, il quale ha voluto distinguersi dandosi un nome suo proprio, che lo identifica nella sua persona e nel suo carattere: YHWH.

Secondo la testimonianza degli Atti degli Apostoli, “nel giorno fissato Erode, vestito del manto regale e seduto sul podio, tenne loro un discorso”. Fu proprio in quella occasione che il popolo acclamò Erode, dicendo: “Parola di un dio e non di un uomo!”(12, 21-22), facendo così di Erode un “dio”.

Anche il nemico del vero Dio, Satana il diavolo, quale potente persona angelica, nella Bibbia è chiamato ‘dio’: «Ai quali il dio di questo secolo ha accecato la mente incredula, perché non vedano il fulgore del glorioso vangelo di Cristo, che è immagine di Dio». Lo stesso dicasi di Mosè, il quale, benché uomo, divenne ‘Dio’ per Faraone: « Il Signore disse a Mosè: ‘Vedi, faccio di te un dio per il Faraone, e Aronne, tuo fratello, sarà il tuo profeta’ », e ancora: « Sarà lui a parlare per te al popolo: egli sarà per te la bocca e tu sarai per lui dio ».

Secondo il professor Werner, “la denominazione «Dio» è suscettibile di più di un significato. «Dio» indica in primo luogo l’assoluta onnipotenza divina, poi anche gli esseri che servono a questo Dio vero. Se essi sono designati quali «Dei», ciò va ad onore e a riconoscimento di colui che li manda e che essi rappresentano. Così si spiega il fatto che nella Sacra Scrittura (Esodo 22, 28) non solo angeli ma perfino uomini sono designati quali «Dei» senza esserlo in senso stretto”.

Anche nella Patristica, l’uso della parola ‘dio’ o ‘dei’, assume questo significato, infatti, nella Lettera a Diogneto (10,6) viene detto che, chi fa doni al prossimo, “diviene un dio per coloro che li ricevono”, in quanto imitatore di Dio.

Matthew Henry (1662-1714), considerato uno fra i più grandi espositori della Bibbia, parlando di Mosè e dell’incarico ricevuto di parlare a Faraone perché lasciasse andare via gli Israeliti, scrisse: “Qui Dio incoraggia Mosè ad andare dal Faraone e, mette fine al suo scoraggiamento. Lo investe di gran potenza ed autorità: Vedi, io ti ho stabilito come Dio per Faraone; vale a dire, mio rappresentante in questa vicenda, come pure i magistrati vengono chiamati dèi perché sono vicegerenti di Dio. Fu autorizzato a parlare e ad agire nel nome di Dio ed in sua vece, e, sotto la guida di Dio, fu rivestito di una potenza divina per fare quello che va oltre il potere normale e naturale; fu inoltre investito di autorità per punire la disubbidienza. Mosè era un dio ma soltanto un dio creato, non essenzialmente per natura, era dio solo in vista di un incarico. Era dio, ma lo era solo per il Faraone; l’Iddio vivente e vero è Dio per tutto l’universo”.

Nel linguaggio moderno, quando parliamo di Dio, siamo soliti riferirci al nostro Creatore. Ma nel linguaggio antico, come l’ebraico o il greco, non si faceva grande distinzione tra umano e divino, infatti non era difficile che ci si rivolgesse ai filosofi, ai re o ai soldati, chiamandoli ‘figli di Dio’, ‘Signori’ e anche ‘Dio’.

Se dunque di uomini imperfetti , di angeli e creature spirituali malvagie, è detto che sono ‘dèi’, tanto più non dovrebbe scandalizzarci che le Scritture definiscano ‘Dio’ Gesù, dal momento che tale egli è sia perché è stato generato dal suo Dio e Padre, sia per la potenza conferitagli attraverso lo Spirito santo.

“Le parole ‘padre’ e ‘Dio’ e ‘creatore’ e ‘signore’ e ‘padrone’ non sono nomi, ma denominazioni derivate dai Suoi benefici e dalle Sue opere…

La parola ‘Dio’ non è un nome, ma un’opinione, innata nella natura umana, di una entità ineffabile”.

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Riferimenti bibliografici:


Werner, Le Origini Del Dogma Cristiano.
Henry, Commentario Biblico.
Giustino, Le due Apologie.

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Articolo apparso sulla Rivista INSTORIA - N. 12 - Dicembre 2008 (XLIII)