sabato 8 maggio 2010

Ciro il Grande, re di Persia

precursore dei diritti umanitari
di Carlo Siracusa




Ciro il Grande, fondatore dell'Impero Persiano, figlio di Cambise I, nacque 590 anni prima di Cristo. La sua comparsa nella scena mondiale era attesa, poiché Isaia aveva profetizzato di lui:“Io dico a Ciro: Mio pastore; ed egli soddisferà tutti i miei desideri, dicendo a Gerusalemme: Sarai riedificata; e al tempio: Sarai riedificato dalle fondamenta. Così parla il Signore al suo unto, a Ciro, che io ho preso per la destra per atterrare davanti a lui le nazioni, per sciogliere le cinture ai fianchi dei re, per aprire davanti a lui le porte, in modo che nessuna gli resti chiusa.” (Is. 44:28-45:1)
La storia attesta l'esistenza di questo personaggio, e due particolari eventi biblici lo vedono come protagonista principale: la conquista di Babilonia, con il conseguente rimpatrio degli israeliti esiliati, e la profetizzata ricostruzione del tempio e della mura di Gerusalemme.

La conquista di Babilonia

Nel 18° anno del regno di Nabucodonosor II, re di Babilonia, Sedechia, governatore della Giudea strinse un'alleanza con l'Egitto, per garantirsi forza militare, contro Babilonia. L'inganno di Sedechia, indusse il re Babilonese a non concedere attenuanti verso il suo vassallo infedele, così mosse un feroce attacco contro la capitale Giudea che venne data alle fiamme, il tempio che Salomone aveva costruito venne saccheggiato e distrutto, le imponenti mura della città furono abbattute, Sedechia, i suoi figli, i sacerdoti e i funzionari furono uccisi, e tutto il rimanente della popolazione venne deportato a Babilonia.
Isaia, però, aveva predetto le parole riportate sopra, menzionando per nome un certo Ciro, quale “unto” (ebraico “mashìach”: messia, greco “christòs”: cristo) o “scelto” per un compito speciale: riedificare la città santa e il suo tempio, e fare rientrare in patria i deportati. Queste parole di Isaia, furono scritte centoquarant’anni prima della distruzione del tempio. La desolazione di Gerusalemme durò settant'anni, sicché Ciro, leggendo Isaia, si considerò preordinato per volere divino e, come testimonia lo storico Giuseppe Flavio, “fu preso dal forte desiderio e dall’ambizione di fare ciò ch’era stato scritto; e, avendo convocato gli Ebrei più illustri di Babilonia disse loro che li lasciava tornare al loro paese nativo, e riedificare sia la città di Gerusalemme che il tempio di Dio, poiché Dio, egli disse, sarebbe stato il loro alleato ed egli stesso avrebbe scritto ai suoi governatori e satrapi che erano nelle vicinanze del loro paese affinché dessero loro contribuzioni di oro e argento per edificare il tempio e, inoltre, animali per i sacrifici”. - (Antichità giudaiche, XI,1)
Così, guidato dal Dio d'Israele, Ciro il Grande pianificò un'incursione nella città caldea, affinché tutto avvenisse com'era stato preannunciato: “E Babilonia, l’adornamento dei regni, la bellezza dell’orgoglio dei caldei, deve divenire come quando Dio rovesciò Sodoma e Gomorra... Ne farò un possesso di porcospini e stagni d’acqua folti di canne, e certamente la spazzerò con la scopa dell’annientamento.”- (Is. 13:19; 14:23) Proprio come aveva preannunciato Isaia, così avvenne! Ciro occupò la città approfittando della distrazione dei babilonesi, impegnati nel banchettare tra gozzoviglie e ubriachezze, tanto da esser presi completamente alla sprovvista.
Secondo il racconto dello storico greco Erodoto di Alicarnasso, (484 a.C.- 425 a.C.) Babilonia era attraversata dal fiume Eufrate, le cui acque riempivano l'enorme fossato che la circondava. Questo rendeva quasi impossibile prendere d’assalto le imponenti mura di Babilonia. Lo scrittore greco Senofonte (circa 430 a.C.-355 a.C) racconta della soluzione escogitata da Ciro nel deviare le acque del fiume Eufrate, attraverso appositi canali che abbassando il livello del fiume, lo resero guadabile. Mentre la città era in festa, gli uomini di Ciro risalirono il letto del fiume fin oltre le mura della città, e penetrarono attraverso le porte di bronzo che la circondavano, cogliendo le guardie alla sprovvista. In una sola notte la città fu conquistata. Come attesta un importante documento storico, forse il più affidabile resoconto della caduta di Babilonia, noto come “Cronaca di Nabonedo”, l’esercito di Ciro entrò in Babilonia “senza colpo ferire”, praticamente senza combattere una vera e propria battaglia. Il re Nabonedo si arrese, e poiché non oppose resistenza, fu mandato a trascorrere il resto della sua vita in Carmania. Babilonia fu saccheggiata e distrutta. Ancora oggi, le sue mura diroccate e cadenti, attestano l'attendibilità di quanto fu accuratamente predetto da Isaia, nel suo omonimo libro.

Il rimpatrio degli israeliti

Nella sua narrazione storica, Giuseppe Flavio scrive: “Nel primo anno del regno di Ciro - il settantesimo anno da che il nostro popolo era stato costretto a emigrare dal suo paese a Babilonia - Dio ebbe pietà della cattività e della sventura di quegli infelici e, come Egli aveva predetto loro mediante il profeta Geremia prima che la città fosse demolita,... e subìto questa schiavitù per settant’anni, Egli li avrebbe ristabiliti nel paese dei loro padri ed essi avrebbero riedificato il tempio e goduto l’antica prosperità.” - (Antichità Giudaiche)
Nel 1879 è stata rinvenuta una famosa iscrizione in accadico cuneiforme, nota come il Cilindro di Ciro, (559-529 a.C.) in cui si afferma che, dopo aver conquistato Babilonia, Ciro il Grande restituì i prigionieri, le loro immagini, i loro santuari, i loro abitanti e le loro abitazioni, al loro luogo d'origine. Per certi versi, come affermano alcuni, questo documento può essere considerato la prima carta dei diritti umani della storia, poiché il re persiano seguì una politica umanitaria e tollerante nei confronti dei popoli vinti.



Questo documento archeologico conferma la narrazione biblica di Esdra, sacerdote, studioso e scriba, il quale, riferendosi al decreto emanato da Ciro, incoraggiò il rimanente degli Israeliti esiliati, a ritornare a Gerusalemme per riedificare il tempio dedicato al loro Dio (Esdra 1:3) E così avvenne! Dopo 70 anni di esilio in Babilonia, e un viaggio che durò circa quattro mesi, in 50.000 fecero ritorno alla loro patria, portandosi dietro persino gli oggetti sacri destinati all'adorazione nel tempio, a suo tempo saccheggiati dai Babilonesi. L'opera di ricostruzione durò più del dovuto, giacché fu ostacolata dai nemici samaritani, ma ripresa successivamente sotto il re Dario, il quale, rifacendosi al decreto di Ciro, autorizzò la il completamento dei lavori di ricostruzione.


Articolo apparso nel nr° 12 di: “InStoria - quaderni bimestrali di percorsi storici” - Maggio 2010 – Ginevra Bentivoglio Editoria